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      Onde Celso fa derivare l'indebolimento degli [1598]uomini e le malattie dagli studi, e ciascun pensatore o studioso ne fa l'esperienza in se, quanto al deterioramento individuale del suo corpo. Nč solamente per le fatiche, ma in centomila altri modi lo sviluppo della ragione nuoce al corpo, colle pene che cagiona, coi mali che ci scuopre, e che ignoti non sarebbero stati mali, coll'inattivitā corporale a cui ci spinge anche per massima, e coi tanti begli effetti che costituiscono la natura della civiltā, e dello stato presente del mondo, derivato quasi tutto dallo sviluppo della ragione. Se dunque l'infinito sviluppo della ragione costituisce la perfezione propria dell'uomo, la natura, torno a dire, č in contraddizione, perchč la perfezione di una parte nuoce a quella dell'altra, e fino arriva a distruggere questa parte, tanto a poco a poco, quanto in un punto mediante il suicidio. Anzi non solo la perfezione di una parte nuoce a quella dell'altra, ma una perfezione di una stessa parte o del tutto nuoce ad un'altra perfezione manifestamente voluta dalla natura.
      Lo sviluppo della ragione e la civiltā che ne deriva a noi sembra perfezione propria non solo dell'animo umano, ma anche [1599]del corpo, cioč insomma di tutto l'uomo. Ora domando io: le malattie, la debolezza, l'impotenza, la fragilitā e suscettibilitā somma, sono elleno perfezioni del corpo umano e dell'uomo? Non č egli evidente che la natura ha voluto che noi fossimo ben sani e robusti? Tutto potrā mettersi in dubbio fuori che la natura abbia sempre mirato al ben essere materiale delle sue creature.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





Celso