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      Che cosa dunque intendiamo noi per perfezione dell'uomo? a che cosa pretendiamo noi di andare incontro? qual è la meta dei pretesi perfezionamenti del nostro spirito? qual è la debita, anzi pur la possibile perfezione dell'uomo, anche ridotto allo stato di eterna Beatitudine, e in Paradiso?
      Non è maraviglia dunque se ogni cosa umana ci desta sempre l'idea dell'imperfezione, e ci lascia scontenti, e se si grida che l'uomo è imperfetto. Tale è veramente oggidì, e tale non lascerà mai di essere, da che egli è sortito da quella perfezione che portava con se, consistente [1911]nello stato naturale della sua specie, e nell'uso naturale delle sue naturali disposizioni; e perdendo di vista il tipo che avea sotto gli occhi, e che era egli stesso, o sia la sua stessa specie, è andato dietro a un'immaginaria perfezione assoluta ed universale, che non ha nè può avere nessun tipo, giacchè questo non potrebb'essere se non anteriore all'esistenza, e quindi per sua stessa natura non esistente, e vano; giacchè la perfezione assoluta, (o il tipo di essa) e l'esistenza, sono termini contraddittorii.
      (13. Ott. 1821.)
     
      Alla p.1906. fine. Infatti siccome le qualità che l'uomo porta dalla natura, non sono altro che disposizioni, così la corrispondenza che deve rappresentar nell'esterno queste qualità interne, non può esser più che una disposizione dell'esterno a rappresentarle.
      (13. Ott. 1821.)
     
      Alla p.1880. I re da principio erano anche più che altro i condottieri degli eserciti. La persona del Generale si è divisa da quella del principe, e i re hanno lasciato [1912]di esser guerrieri, e non si sono vergognati di non saper comandare alle proprie armate, nè diriggere e adoperar la forza del proprio regno, non tutto ad un tratto, ma appoco appoco, e in proporzione che il mondo e le cose umane hanno perduto il loro vigore, ed energia naturale, e che l'apparenza ha preso il luogo della sostanza: nello stesso modo, e per la ragione appunto, per cui seguitando e crescendo il detto andamento delle cose, i principi non si sono neppur vergognati di non sapere o non voler governare, e di farsi servire anche in questo, dai sudditi che per questo solo lo mantengono a loro spese.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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