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      1821.). V. p.1984.
     
      Quando si comincia a gustare una nuova lingua, le cose che più ci piacciono e ci rendono sapor di eleganza, sono quelle proprietà, quelle facoltà, modi, forme, metafore, usi di parole o di locuzioni, che si allontanano dal costume e dalla natura della nostra lingua, senza però esserle contrarie, e senza discostarsene di troppo. (Così anche nel pronunziare o nel sentir pronunziare una lingua straniera, ci piacciono più di tutto quei suoni che non sono propri della nostra, o del nostro costume, nel qual proposito v. la .1965. fine.) (Ecco appunto la natura della grazia: lo straordinario fino a un certo segno, e in modo ch'egli faccia colpo senza choquer le nostre assuefazioni ec.) Questo ci accade nel leggere, nel parlare nello scrivere uella tal lingua. (In tutti tre i casi però può aver luogo un'altra sorgente di piacere, cioè l'ambizione o la compiacenza di sapere intendere o adoperare quelle tali frasi, di parer forestiere a se stesso, di aver fatto progressi, vinto le difficoltà ec.) E ciò accade quando anche in quella lingua o in quel caso, quelle tali forme non sieno per verità eleganti. E dove noi vediamo una decisa e per noi eccessiva conformità colla nostra lingua, quivi noi proviamo un senso [1938]di trivialità ed ineleganza, quando anche ella sia tutto l'opposto: come alla prima giunta ci accade nell'elegantissimo Celso, il quale ha molti modi ed si similissimi all'indole italiana: e così spesso ci accade egli scrittori latini antichi, o moderni massimamente (perchè questi non hanno in favor loro la prevenzione, e la certezza che dicono bene.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





Celso