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      Questo durò poco, perchè la lingua e letteratura colle cose latine tornò a precipitare indietro ben presto. Ma in quel tempo lo stile di Seneca, e altri tali stili filosofici si condannavano altamente dai letteratori latini, come oggi dagli italiani quello di Cesarotti ec. e ciò serviva d'impaccio e di spauracchio a chi volesse scrivere filosoficamente in latino, come oggi volendo scriver buon italiano, nessuno s'impaccia più di pensare. Marcaurelio pertanto dovè sentire questo pericolo, disperare di poter essere profondo filosofo nella lingua nativa voluta dal suo tempo, e senza violare il gusto corrente, e dar nel naso ai critici, i quali già lo riprendevano di cattiva e negligente lingua, e di licenza dopo ch'egli s'era dato alla filosofia, e dallo studio delle parole a quello delle cose, [2170]come apertamente lo riprende Frontone de Orationibus. Trovossi adunque obbligato per esprimere i suoi più intimi sentimenti, a sceglier la lingua greca, a creder più facile di esprimere le cose sue più proprie, in una lingua forestiera ed altrui, che nella propria e nativa. (Il qual bisogno pur troppo si farebbe molte volte sentire agl'italiani rispetto al francese, se gl'italiani pensassero, ed avessero cose proprie da dire.)
      Il quale splendido esempio, e fatto notabilissimo per le sue circostanze, conferma quello ch'io dico della maggior filosoficità della lingua greca, maggior libertà, e indipendenza, maggior capacità delle idee sottili, maggiore adattabilità alle cose moderne; e com'ella avrebbe potuto assai più della latina servire alla rinata letteratura, e giovare anche oggi la sua intima cognizione (se non all'uso, ch'è impossibile) almeno al perfezionamento dell'intelletto [2171]filosofico moderno, delle idee di ciascuno, e della facoltà di pensare e delle stesse più colte lingue moderne.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





Seneca Cesarotti Frontone Orationibus