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      1821.). Puoi vedere in tal proposito la Vita antica di Virgil. dove parla delle sue Bucoliche, c.21. e il principio del 22.
     
      Alla p.2243. Tutto ciò che è finito, tutto ciò che è ultimo, desta sempre naturalmente nell'uomo un sentimento di dolore, e di malinconia. Nel tempo stesso eccita un sentimento piacevole, e piacevole nel medesimo dolore, e ciò a causa dell'infinità dell'idea che si contiene in queste parole finito, ultimo ec. (le quali però sono di lor natura, e saranno sempre poeticissime, per usuali e volgari che sieno, in qualunque lingua e stile. E tali son pure [2252]in qualsivoglia lingua ec. quelle altre parole e idee, che ho notate in vari luoghi, come poetiche per se, e per l'infinità che essenzialmente contengono.)
      (13. Dic. 1821.). V. p.2451.
     
      Che il privato verso il privato straniero, e massimamente nemico, sia tenuto nè più nè meno a quei medesimi doveri sociali, morali, di commercio ec. a' quali è tenuto verso il compatriota o concittadino, e verso quelli che sono sottoposti ad una legislazione comune con lui; che esista insomma una legge, un corpo di diritto universale che abbracci tutte le nazioni, ed obblighi l'individuo nè più nè meno verso lo straniero che verso il nazionale; questa è un'opinione che non ha mai esistito prima del Cristianesimo; ignota ai filosofi antichi i più filantropi, ignota non solo, ma evidentemente e positivamente esclusa da tutti gli antichi legislatori i più severi, e pii, e religiosi, da tutti i più puri moralisti (come Platone) da tutte le più sante religioni e legislazioni, [2253]compresa quella degli Ebrei.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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