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      Talia perstabat memorans (En. 2.650.), Stabant orantes ec. (En. 6.313.). Mi ricordo anche di altri luoghi di Virgilio dove ciò ch'io dico è anche più manifesto, e l'uso del verbo stare si rassomiglia più decisamente a quello che noi e gli spagnuoli ne facciamo co' gerundii. V. gl'interpr. e il Forcell.
      (31. Gen. 1822.)
     
      Alla p.980. marg. Questi tali nomi passarono nell'italiano alla desinenza in chia o chio, nello spagnuolo in ja o jo, nel francese in eille o eil, o ouille ec. perchè prima invece di culus furono pronunziati clus. (oclus ec.) (così da avunculus [2376]oncle). Giacchè il cl fu da noi trasmutato quasi sempre in chi, come quello di claudere o cludere, (v. p.2283) clericus, clavis, clavus ec. Così il gulus o gula prima in glus, poi in ghio ec. Unghia ec. (franc. ongLE.) Così stipula si disse prima stipla, poi stoppia ec. V. il Gloss. ec. Così gli stessi latini, massime i poeti solevano contrarre siffatte voci, come periclum ec. maniplum (Virg. Georg. 3.297.) ec.
      (31. Gen. 1822.)
     
      È costume massimamente italiano di elidere e togliere il c dalle parole latine, specialmente e per esempio avanti il t. Ora anche gli antichi ed ottimi scrittori e monumenti usano spesse volte lo stesso in molte parole, dicendo p.e. artus per arctus (dove il c è radicale, perchè arctus fu da principio arcitus, participio di arcere), ec. v. p.1144. se vuoi. (nel Virg. dell'Heyne trovi sempre artus, mai arctus) autor per auctor, autoritas ec. V. il Cellar. il Forcell. l'Ortograf. del Manuzio ec.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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