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      Dal che segue che l'uomo, come dicono, perfezionato, è, per essenza umana, e per ordine generale della natura, più infelice del naturale, e tanto più quanto è più perfezionato. E così l'infelicità dell'uomo è sempre in ragion diretta degli avanzamenti del suo spirito, cioè della civiltà, consistendo essa negli avanzamenti dello spirito, e non potendo dire alcuno che il corpo dell'uomo si sia perfezionato mediante di essa. Anzi è manifestamente scaduto da quel ch'era nell'uomo naturale, in cui la preponderanza del corpo o della materia tenea più basso, e men vivo il sentimento, e quindi l'amor proprio e quindi l'infelicità.
      In uno stesso secolo, essendo altri più raffinato, colto ec. di spirito, altri meno, segue [2414]dalle predette cose che quegli debba necessariamente esser più infelice, questi meno, in proporzione; e l'ignorante e il rozzo e il villano manco infelice del dotto, del polito, del cittadino ec.
      Indipendentemente dalla coltura, nascendo gli uomini quali con maggior sensibilità, o vivezza di spirito, o conformabilità, o sentimento d'uomo (dice il Casa, Galat., cap.26. princip.), quali con minore, dalle predette cose resta spiegato il perchè gli uomini quanto più sensibili, tanto più sieno irreparabilmente infelici, e il perchè la natura dica agli uomini grandi, Soyez grand et malheureux (D'Alembert). Giacchè questo maggior sentimento non è altro che maggior vivezza e profondità e senso ed attività d'amor proprio, o non può star senza queste cose, abbracciando l'amor proprio ogni possibile sentimento animale, e producendolo, o essendo sostanzialmente legato con essolui, e in proporzion diretta con esso.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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