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      (Ch'è appunto la cagione per cui il giovane nel predetto stato, con [2496]un ardore incredibile che lo trasporta verso la felicità, con la maggior forza possibile per poter gustare e sostenere i piaceri e anche fabbricarseli coll'immaginazione, proccurarseli coll'opera ec.; in un'età a cui tutto sorride, e porge quasi spontaneamente i diletti; contuttochè sia privo del disinganno, e però veda le cose sotto il più bell'aspetto possibile, e di più essendo nuovo e inesperto dei piaceri, sia ancor lontano e ben difeso dalla sazietà, e capace di dar peso a ogni godimento, non gode mai nulla, e pena più d'ogni altro, e si sazia più presto; e tanto più quanto egli è più vivo [così spesso il Casa] e sensitivo ec., e quindi per necessità più amante di se stesso.) Ora la misura dei desiderii, la loro copia vivezza ec. è sempre in proporzione della misura, vivezza, energia, attività dell'amor proprio. Giacchè il desiderio non è d'altro che del piacere, e l'amor della felicità non è altro che il desiderio del piacere, e l'amor della felicità non è altro che l'amor proprio.
      (24. Giugno. 1822.). V. p.2528.
     
      Quindi osservate che tutto quanto si dice dell'amor proprio si deve anche intendere [2497]dell'amor della felicità ch'è tutt'uno (v. p.2494.). E però la misura, la forza, l'estensione, le vicende, gl'incrementi, gli scemamenti, tanto individuali che generali, dell'uno di questi amori, son comuni all'altro nè più nè meno.
      (24. Giugno. 1822.)
     
      L'antichissima e propria significazione del verbo pareo, in luogo di cui vennero poi in uso i suoi composti adpareo, compareo ec. s'è conservata in uso familiarissimo e frequentissimo presso gl'italiani e gli spagnuoli (parere, parecer, si pare ec.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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