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      Torno a dire che questo non ripugna naturalmente al bello, se quelle voci e modi non sono di forma assolutamente discorde e ripugnante alle forme della propria lingua. E tale si è appunto il caso nostro. Bisogna dunque cercare un'altra cagione fuori della natura generale e immutabile, perchè questo barbarismo distrugga sensibilmente l'eleganza, e non possa stare seco lei. Egli è pur certo, e tutti i maestri dell'arte l'insegnano e raccomandano, e io l'ho spiegato e dimostrato altrove, che non solo il pellegrino giova all'eleganza, ma questa non ne può [2503]fare a meno, e non viene da altro se non da un parlare ritirato alquanto (più o meno) all'uso ordinario, sia nelle parole, sia ne' loro significati, sia ne' loro accoppiamenti, nelle metafore, negli aggiunti, nelle frasi, nelle costruzioni, nella forma intera del discorso ec. Or come dunque il barbarismo, ch'è un parlar pellegrino, il barbarismo dico, quando anche non ripugni dirittamente, anzi punto, all'indole generale e all'essenza della lingua, nè all'orecchio e all'uso de' nazionali, in luogo di riuscirci elegante, ci riesce precisamente il contrario, e incompatibile coll'eleganza? Ecco com'io la discorro.
      I primi scrittori e formatori di qualsivoglia lingua, e fondatori di qualsivoglia letteratura, non solo non fuggirono il barbarismo, ma lo cercarono. V. Caro, Apologia, p.23-40. cioè l'introduzione del Predella. Tolsero voci e modi e forme e metafore e maniere di stile e costruzioni ec. (e questo in gran copia) dalle lingue madri, dalle sorelle, e anche dalle affatto aliene, [2504]massimamente se a queste, benchè aliene, apparteneva quella letteratura sulla quale essi si modellavano, e dalla quale venivano derivando e imparavano a fabbricar la loro.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





Caro Apologia Predella