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      Gl'italiani n'avevano, cioè la [2580]latina e la greca. Ma quel secolo ignorante non conosceva la greca, pochissimo la latina, massime la latina buona e regolata. (Fors'anche molti conoscendo passabilmente il latino, e fors'anche scrivendolo con passabile regolatezza, erano sregolatissimi in italiano, per incapacità di applicar quelle regole a questa lingua, che tutto dì favellavano sregolatamente; di conoscere o scoprire i rapporti delle cose ec.) Quei pochi che conobbero un poco di latino, scrissero con ordine più ragionato, come fecero principalmente i frati, Passavanti, F. Bartolommeo, Cavalca ec. Dante, e più ancora il Petrarca e il Boccaccio che meglio di tutti conoscevano il buono e vero latino, meno di tutti aberrarono dall'ordine dialettico dell'orazione. Questi principalmente diedero autorità presso i posteri a' loro scrittori contemporanei, la massima parte ignoranti, non solo di fatto, ma anche di professione laici e illetterati, e che non pretendevano di scrivere se non per bisogno, come i nostri castaldi. I quali abbondarono di sragionamenti, e disordini gramaticali d'ogni sorta.
      Di tali aberrazioni n'hanno tutte le lingue quando si cominciano a scrivere, e tutte nel séguito ne conservano più o meno, sotto il nome di proprietà loro, benchè non sieno [2581]in origine e in sostanza, se non errori de' loro primi scrittori e letterati, perpetuati nell'uso della scrittura nazionale. Meno d'ogni altra fra le antiche, n'ebbe o ne conservò la lingua latina, per la detta ragione, fra l'altre.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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