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      Tutte queste qualità nel loro stile si trovano, e si dimostrano, cioè si fanno sentire al lettore. Questi tali son padroni del loro stile. Ma il loro stile non è padrone delle cose, vale [2612]a dir che lo scrittore non è padrone di dir nel suo stile tutto ciò che vuole, o che gli bisogna dire, o di dirlo pienamente e perfettamente: e anche questo si fa sentire al lettore. Perciocchè spessissimo occorrendo loro molte cose che farebbero all'argomento, al tempo, ec. che sarebbero utili o necessarie in proposito, e ch'essi desidererebbero dire, e concepiscono perfettamente, e forse anche originalmente, e che darebbero luogo a pensieri notabili e belli; essi scrittori, ben conoscendo questo, tuttavia le fuggono, o le toccano di fianco, e di traverso, e se ne spacciano pel generale, o ne dicono sola una parte, sapendo ben che tralasciano l'altra, e che sarebbe bene il dirla, o in somma non confidano o disperano di poterle dire o dirle pienamente nel loro stile. La qual cosa non è mai accaduta ai veri grandi scrittori, ed è mortifera alla letteratura. E per ispecificare; i detti scrittori sono e si mostrano sicuri di non dare nel francese (cioè in quel cattivo italiano che è proprio del nostro tempo, e quindi naturale anche a loro, anzi solo naturale), ma non sono nè si mostrano sicuri di [2613]poter dire nel buono italiano tutto quello che loro occorra; come lo erano i nostri antichi. Anzi lasciano ottimamente sentire, che molte cose quasi necessarie, e delle quali si compiacerebbero se le avessero potuto e saputo dire nel buono italiano, e la cui mancanza si sente, e che molte volte sono anche notissime a tutti in questo secolo, essi le tralasciano avvertitamente, e le dissimulano, almeno da qualche necessaria parte, e se ne mostrano o ignoranti, o poco istruiti, o di non averle concepite, quando pur l'hanno fatto anche più degli altri, e che in somma non ardiscono dirle per timore di offendere il buono italiano e il proprio stile.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913