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      Ora io torno in campo colla mia solita domanda. È egli possibile che se la natura aveva espressamente destinato l'uomo a parlare, se, come dice Dante, opera naturale è ch'uom favella, essa natura lasciasse tanto da fare all'uomo per [2897]arrivare ad eseguire quest'opera naturale, e debita alla sua essenza, e propria di essa, quest'opera senza la quale egli non avrebbe mai corrisposto alla sua natura particolare, nè all'intenzione della natura in generale, e condannasse espressamente tanta moltitudine e tante generazioni d'uomini, quante dovettero passare prima che fosse trovata una lingua, altre a non sapere nè potere in alcun modo fare, altre a non poter fare se non se imperfettissimamente, quello che l'uomo doveva pur sapere e potere compiutamente fare per sua propria natura? E poichè l'uomo senza la lingua non sarebbe uscito mai del suo stato primitivo purissimo, e la lingua è il principale e più necessario istrumento col quale egli ha operato ed opera quello che si chiama suo perfezionamento; e se d'altronde tanto è per ciascuna cosa il ben essere, quanto l'esser perfetta, nè si dà per veruna specie di enti felicità veruna senza la perfezione conveniente ad essa specie; è egli possibile che se questa che si chiama perfezione dell'uomo, fosse veramente tale, e destinatagli dalla natura, essa natura nel formar l'uomo [2898]l'avesse posto così mirabilmente lontano dalla perfezione da lei voluta e destinatagli, ed a lui necessaria, che egli non avesse ancora nè potesse avere nemmeno una prima idea dell'istrumento, col quale dopo lunghissimi travagli, e lunghissimo corso di generazioni e di secoli, la sua specie sarebbe finalmente arrivata a conseguire alcuna parte di questa perfezione?


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





Dante