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      Massime considerando quella continuitā d'azione che si richiede all'immaginativa, nel modo spiegato di sopra. Ma Omero, da niuno attingendo, non avendo esemplari coll'uso e meditazione de' quali, se non altro, ristorasse le sue forze, si rinfrescasse, e ripigliasse animo (come accade anche ai pių originali poeti), senz'altro nč fonte nč [2981]soccorso, nč modello, nč sprone che se medesimo, la sua propria immaginativa e la natura, in uno anzi in due interi poemi pių lunghi di tutti quelli ch'essi poscia hanno prodotti, non mostra mai nč quanto all'invenzione nč quanto allo stile il menomo languore o isterilimento, ma dura fino all'ultimo colla stessa freschezza, vivacitā, efficacia, ricchezza, copia, impeto, cosė intero di forze, cosė abbondante di novitā, cosė fervido, cosė veemente, cosė mosso ed affetto dalla natura, e dagli oggetti che se gli presentano o ch'egli immagina, come nel principio. Massimamente nella Iliade. Nella quale anzi la ricchezza, varietā, bellezza, originalitā e forza dell'invenzione tanto pių s'accrescono, quanto pių si avanza, ed č maggiore nel fine che nel principio.
      E veramente si puō dire che Omero fu molto pių ricco del suo solo, che tutti gli altri poscia non furono del loro proprio e dell'altrui accumulato insieme. Nč certo, secondo le addotte considerazioni, dee parer poco maraviglioso e notabile, benchč materiale, il dire che i poemi epici d'Omero sono pių lunghi di [2982]tutti quelli che da essi in uno o altro modo derivarono (poichč anche il Paradiso perduto e la Messiade derivano pur di lā), e che di essi in una o altra guisa si alimentarono.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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