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      ai non provarono nč proveranno. Nol vogliono, perchč appunto non conoscendo tali sensazioni, nulla o ben poco le stimano, nč altro fine si propongono che il diletto superficiale e il grattar gli orecchi, al che di gran lunga pospongono le grandi e nobili e forti emozioni, di cui mai non fecero esperimento. Ma che maraviglia? quando gli antichi musici erano i poeti, quegli stessi che per la sublimitą de' concetti, per la eleganza e grandezza dello spirito brillano nelle carte che di loro ci rimangono, o perdute queste coi ritmi da loro inventati e applicativi, vivono immortali i loro nomi nella memoria degli uomini, e ciņ talora eziandio per egregi e magnanimi fatti? E quando all'incontro i moderni musici, stante le circostanze della loro vita, e delle moderne costumanze a loro riguardo, sono per corruzione, per delizie, per mollezza e bassezza d'animo il peggio del peggior secolo che nelle storie si conti? la feccia della feccia delle generazioni? Da vita, opinioni e costumi vili, adulatorii, dissipati, [3229]effeminati, infingardi, come puņ nascer concetto alto, nobile, generoso, profondo, virile, energico? Ma questo discorso porterebbe troppo innanzi, e condurrebbe necessariamente al parallelo della musica e de' musici colle altre arti e loro professori, a quello della moderna musica coll'antica, e delle moderne usanze colle antiche relative al proposito; e finalmente a trattare della funesta separazione della musica dalla poesia e della persona di musico da quello di poeta, attributi anticamente, e secondo la primitiva natura di tali arti, indivise e indivisibili (v. il Viag. d'Anac. l. c. particolarmente l'ult. nota al c.27.). Il qual discorso da molti č stato fatto, e qui non sarebbe che digressione.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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