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      - Chi s'è mai avvisato tra' civili di pigliar le forme d'Ercole per modello di bellezza d'uomo? ma nol sarebbero esse veramente [3428]in natura? e tuttavia l'idea e la statua d'Ercole non è il preciso contrario dell'idea e della statua d'Apollo? certo che sì, quanto alla forma virile e matura ec.
      (12. Sett. 1823.)
     
      Alla p.3417. In Francia siccome la prosa segue l'uso del parlar quotidiano assai più che altrove, e l'è sempre assai più conforme, così i poeti non hanno creduto potersi scostare gran fatto dall'uso medesimo e dalla prosa, nè lasciar di seguire da vicinissimo l'uno e l'altra nelle continue mutazioni ch'esse naturalmente e inevitabilmente subiscono. Sì ne' poeti che ne' prosatori ciò nasce dalla natura di quella nazione e di quella società. I poeti francesi non hanno dunque antichità di linguaggio da usare. Tutto e sempre di mano in mano nella lingua francese è moderno. E tutto è ancor nazionale; perchè guardigli il cielo dall'arricchire la loro lingua di qualche voce tolta nuovamente dal latino, benchè totalmente analoga e affine ad altre voci francesi. La lingua loro è dunque in tutto e sempre viva e incapace sì dell'antico, [3429]si ancora del pellegrino (se non di quello che introdotto in una lingua, o usato da uno scrittore è libertinaggio e barbarie, non eleganza o nobiltà ec.). Da ciò viene che la lingua francese non è capace di eleganza ec. (del che mi pare aver detto altrove), e che la Francia non ha e non può avere lingua propria della poesia. E non avendola, e però i termini tra questa e quella della prosa non essendo certi, anzi non avendovene alcuno, perocchè il campo dell'una e dell'altra è un solo e indiviso, la Francia non ha neppur lingua propria espressamente della prosa, e nella più impoetica lingua del mondo, qual è la francese, non si trova quasi prosa che non sappia di poesia per lo stile, più o meno, ma certo più di tutte le classiche prose scritte nelle più poetiche lingue come la greca e la latina.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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