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      24. p.52. lin.1.7.9. 10. 18.22. p.56. lin.3. e altrove.
      (30. Sett. 1823.)
     
      Francesismo ed italianismo (fors'anche spagnolismo) [3561]del genitivo plurale invece dell'accusativo del medesimo numero, appresso Aristot. Polit. l.3. ed. Flor. ap. Iunt. 1576. p.209. mezzo, e veggasi quivi il commento di Pier Vettori. (30. Sett. 1823.). Noi ed i francesi usiamo il genit. plur. anche in vece del nominativo plurale. Anche in caso terzo ec. a di molti, con di molti, à des femmes ec.
     
      Alla p.3413. Infatti la scrittura dello Speroni è tutta sparsa e talor quasi tessuta, non pur di vocaboli, o d'usi metaforici ec. di parole, tutti propri di Dante e di Petrarca, ma di frasi intere e d'interi emistichi di questi poeti, dall'autore dissimulatamente appropriatisi e convertiti all'uso della sua prosa. Nè tali voci, frasi ec. riescono in lui punto poetiche, ma convenientissimamente prosaiche. Altrettanto fanno più o meno molti altri autori del cinquecento, massime i più eleganti, ma lo Speroni singolarmente. Or andate e ditemi che altrettanto potessero fare, non pur i prosatori greci con Omero, o altro lor poeta, ma i latini con Virgilio ec. benchè il latino non abbia linguaggio poetico distinto. Che vuol dir ciò dunque, se non che il linguaggio di Dante e Petrarca era poco o nulla distinto da quel della prosa? Onde i prosatori potevano farne lor pro, anche a sazietà, senza dar nel poetico. Le voci e frasi e significati più poetici ed eleganti di Petrarca Dante ec. tengono come un luogo di mezzo tra il prosaico e il poetico, onde in una prosa alta, com'è quella dello Speroni, ci stanno naturalissimamente.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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