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      (9. Ott. 1823.). V. p.3682.
     
      Alla p.3586. Quanto più tai voci e frasi saranno e saranno sempre state, nelle moderne lingue, affatto volgari, e quanto meno proprie degli scrittori e delle moderne lingue illustri, o meno sospettabili di essere state introdotte dagli scrittori e dalla lingua illustre, tanto più forte e concludente sarà l'argomento da esse al latino, e dal latino a esse, poste l'altre debite circostanze ec. Onde i nostri dialetti volgari e non mai scritti (se non per giuoco ec.) e che non hanno linguaggio illustre, sono molto a proposito in queste materie, e se ne conferma quello che ho detto della loro utilità per investigar le origini della lingua latina ec. nella mia teoria de' continuativi verso [3638]il fine. Altrettanto e più dicasi intorno alla lingua Valacca, che non è stata mai per niun modo, neppure indiretto, influita da niuna letteratura, ch'io sappia.
      (9. Ottobre 1823.)
     
      Alla p.3575. Ond'è tanto più forte, anzi fortissimo l'argomentare ch'io fo dallo spagnuolo (da' participii spagnuoli ec.) all'antico latino. Vedi la pag.3586. e il pensiero antecedente.
      (9. Ott. 1823.)
     
      Léser o lézer da laesus di laedo.
      (9. Ott. 1823.)
     
      Primos in orbe deos fecit timor. Intorno a ciò altrove. Or si aggiunga, che siccome quanto è maggior l'ignoranza tanto è maggiore il timore, e quanta più la barbarie tanta è più l'ignoranza, però si vede che le idee de' più barbari e selvaggi popoli circa la divinità, se non forse in alcuni climi tutti piacevoli, sono per lo più spaventose ed odiose, come di esseri tanto di noi invidiosi e vaghi del nostro male quanto più forti di noi.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





Valacca