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      Del resto chi volesse dire che il proprio preterito perfetto di oleo, adoleo e simili fosse e dovesse essere olui, adolui ec. onde adolevi inolevi ec. non sieno propri di adoleo, inoleo (ignoto), ma di adolesco veramente e di inolesco ec., osservi che anche l'altro oleo ne' composti fa olevi per olui (Forc. in oleo);164 e che queste desinenze evi ed ui, sono in verità una sola, cioè varie solamente di pronunzia, perchè gli antichi latini massimamente, e poi anche i non antichi, o meno antichi, ed anche i moderni ec., confondevano spessissimo l'u e il v165 (che già non ebbero se non un solo e comune carattere): sicchè olevi è lo stesso che olui, interposta la e per dolcezza, ovvero olui è lo stesso che olevi, omessa la e per proprietà di pronunzia. Giacchè il v di questo e l'u di quello non furono mai considerate [3699]da' latini se non come una stessa lettera. Così nell'ebraico, così nelle lingue moderne, sino agli ultimi tempi, e dura ancora ne' Dizionari delle nostre lingue (come ne' latini) il costume di ordinar le parole come se l'u e il v nell'alfabeto fossero una lettera stessa, ec. ec. ec. Dunque non saprei dire, nè credo che si possa dire, se il vero e regolare e primitivo perfetto della seconda coniugazione abbia la desinenza in evi o in ui, se sia docui o docevi: e piuttosto si dee dire che, se non ambo primitive, ambo queste desinenze son regolari, anzi che sono ambo una stessa. Io per me credo che la più antica sia quella in evi, anticamente ei (conservata nell'italiano: potei, sedei ec. che per adottata corruzione e passata in regola, si dice anche sedetti166 ec.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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