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      V. p.3848. ec. Ovvero per qualche altra ragione come dal verbo no (di cui p.3688.) che dovette essere della terza, il perfetto novi per evitare la voce poco graziosa ni, che sarebbe stata il suo perfetto regolare, e che d'altronde concorreva colla particella ni: oltre che niun perfetto latino, se ben mi ricordo, è monosillabo, ancorchè fatto da tema monosillabo: eccetto ii da eo, e da fuo, fui, i quali furono monosillabi, e forse ancora lo sono talvolta presso i poeti latini del buon tempo ec. secondo il mio discorso altrove fatto della antica monosillabia di tali dittonghi ec. Da' monosillabi do, sto ec. si fece il perfetto dissillabo per duplicazione: dedi, steti, ec. Onde avrebbe da no potuto anche farsi neni. O forse il verbo da cui viene nosco, non fu no, ma noo (???), onde il perfetto [3706]novi invece del regolare noi sarà stato fatto (come que' della 1. in avi per ai, della 2. in evi per ei, della 4. in ivi per ii) per evitare l'iato; il quale iato però non può essere che affatto accidentale ne' perfetti di questa coniugazione. V. p.3756. Così per fui, regolare perfetto dell'antico fuo, verbo della terza, il qual perfetto anche oggidì si conserva168, e solo esso, e tutto regolare, Ennio disse fuvi, non metri causa, come crede il Forcellini, (in fuam), ma secondo me, per evitare l'iato169. L'evitazion del quale stette a cuore principalmente agli scrittori (come anche in altre lingue), e ad essi, cred'io, si deve attribuire l'esser passate in regola le desinenze avi ed evi (poi ui) della 1. e 2. ne' perfetti e lor dipendenze, ed in parte la desinenza ivi nella quarta, in vece delle primitive ai, ei, ii.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





Ennio Forcellini