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      Ma appunto per la stessa ragione, arrestandosi e mancando la vita, si ferma e impoverisce e quasi muore la lingua, com'è avvenuto infatti dal 600 in qua agli spagnuoli ed a noi, le cui lingue di ricchissime e potentissime che furono, si sono andate e si vanno di mano in mano continuatamente scemando, restringendo e impoverendo, e sempre più s'impoveriscono e perdono il loro esser proprio, e le ricchezze lor convenienti, cioè le proprie, perchè le altrui ch'esse acquistano, molto incapaci d'altronde di compensare le loro perdite, non sono di un genere che si convenga alla natura loro. Veramente le dette lingue vanno morendo. Perchè in fatti la Spagna e l'Italia, dal 600 in qua, e negli ultimi tempi massimamente, non ebbero e non hanno più vita, non solo nazionale, ch'elle già non sono nazioni, ma neanche privata. Senz'attività, senza industria, senza spirito di letteratura, d'arti ec. senza spirito nè uso di società, la vita degli spagnuoli e degl'italiani si riduce a una routine d'inazione, d'ozio, d'usanze vecchie e stabilite, di spettacoli e feste regolate dal Calendario, di abitudini ec. Mai niuna novità fra loro nè nel pubblico nè nel privato, di sorta nessuna che dimostri in alcun modo la vita. Tutto quello ch'e' possono fare si è di ricevere in elemosina un poco di novità sia di cose, sia di costumi, sia di pensieri, e quasi un fiato di falsa ed aliena vita, dagli stranieri. Questi sono che ci muovono [3862]quel pochissimo che noi siamo mossi. Se noi non siamo ancora dopo un sì rapido corso del resto d'Europa allo stato e grado in cui era la civiltà umana due o tre secoli addietro, (e gli spagnuoli vi sono quasi ancora, e noi siam pure addietro delle altre nazioni), son gli stranieri soli che ci hanno portati avanti.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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