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      Insomma ciascuna specie di viventi rispetto all'altre, ciascuno individuo rispetto a' suoi simili, ciascuna nazione rispetto all'altre, ciascuno stato dell'individuo sia naturale, sia abituale, sia attuale e passeggero, rispetto agli altri suoi stati, quanto ha più del materiale, e meno dello spirituale, tanto è, propriamente parlando, men vivo, tanto meno partecipa della vita e per quantità e per intensità e grado, tanto ha minor somma e forza di amor proprio, e tanto è meno infelice. Quindi tra' viventi le specie meno organizzate, avendo un'esistenza più materiale, e meno di vita propriamente detta, sono meno infelici. Tra le nazioni umane le settentrionali, più forti di corpo, men vive di spirito, sono meno infelici delle meridionali. Tra gl'individui umani i più forti di corpo, men delicati di spirito, sono meno infelici. Tra' vari stati degl'individui, quello p.e. di ebbrietà, benchè più vivo quanto al corpo, essendo però men vivo quanto [3925]allo spirito (che in quel tempo è obruto dalla materia, e le sensazioni spirituali dalle materiali, e le azioni stesse dello spirito, benchè più forti ec., hanno allora più del materiale che all'ordinario), e quindi la vita essendo allora più materiale, e quindi propriamente men vita (come in tempo di sonno o letargo, benchè questo sia inerte, e l'ebbrietà più svegliata ancora e più attiva talvolta che lo stato sobrio), è meno infelice.
      Del resto egli è ben vero, come ho detto, che la forza del corpo rende il vivente più materiale, e gl'impedisce o indebolisce l'azione e la passione interna, e quindi scema, propriamente parlando, la vita.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555