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      Quindi quella tendenza verso i suoi simili più che verso alcun'altra creatura sotto certi rispetti, e nel tempo stesso quell'odio verso i suoi simili, maggiore sotto certi rispetti che verso alcun'altra creatura, i quali non men l'uno che l'altra, e ambedue insieme in tanti modi, con sì vari effetti, e in sì diverse sembianze si manifestano ne' viventi, e massime nell'uomo, che di tutti è il più vivente (p.3921-7.). E come il secondo, ch'è non men necessario e naturale della prima, nuoce per sua natura e alla conservazione e alla felicità della specie, e d'altra parte questo è direttamente contrario alla natura particolare e universale, e la specie presa insieme dee tendere e servir sempre (regolarmente) alla sua conservazione e felicità, non restava alla natura altro modo che il porre i viventi verso i loro simili in tale stato che la inclinazione degli uni verso gli altri operasse e fosse, l'odio verso i medesimi non operasse, non si sviluppasse, non avesse effetto, non venisse a nascere, e propriamente, quanto all'atto non fosse, ma solo in potenza, come tanti altri mali, che essendo sempre, o secondo natura, solamente in potenza, la natura non ne ha colpa nessuna. Questo stato non poteva esser altro che quello o di niuna società, o di società non [3930]stretta. E meno stretta in quelle specie in cui l'odio degl'individui, come individui, verso i lor simili, era per natura della specie, maggiore in potenza, e riducendosi in atto, ed avendo effetto, avrebbe più nociuto alla conservazione e felicità della specie: nel che fra tutti i viventi l'odio degl'individui umani verso i lor simili occupa, per natura loro e dell'altre specie, il supremo grado.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555