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      (21. Apr. 1824.)
     
      A proposito del detto altrove circa i semidei dimostranti l'alta opinione che gli antichi avevano della natura umana, osservisi con quanta facilità si divinizzavano appresso i romani gl'imperatori o altri della loro famiglia, o loro liberti e favoriti, o vivi ancora, o morti al tempo e sotto gli occhi di quelli che li divinizzavano, anzi allora allora.263 Non dirò già io che nè quelli che li divinizzavano, nè le altre persone intelligenti, nè forse anche la più ignorante feccia del popolo e la più superstiziosa, massime in quei tempi già illuminati e disingannati in tante cose (sebbene anche a quei tempi v'aveano persone, eziandio tra' nobili e senatori, di maravigliosa superstizione, come e più che non fu Senofonte, spirito sì colto e istruito, fra' greci in tempi simili) credessero veramente alla divinità di quei tali imperatori o parenti o favoriti di essi, vivi o morti. Ma quest'uso solo di divinizzare delle persone [4077]contemporanee, cosa che poichè era tanto ricercata da un canto dall'ambizione, dall'altro dall'adulazione, non doveva essere al tutto senza qualche effetto di persuasione in qualche parte del popolo, dimostra quanto poca distanza e diversità di natura ponessero gli antichi fra il divino e l'umano, senza di che non sarebbe stato possibile che una tale assurdità fosse pur venuta loro nella mente. Certo nè anche a' più barbari, ignoranti e superstiziosi tempi del Cristianesimo, niuno pensò nè avrebbe potuto pensare o di far credere ad alcuno o solamente di dire per adulazione o per altro qualunque motivo che una persona non solo contemporanea, non solo viva, ma morta ed antica e famosa pure per santità e per qualsivoglia virtù o dignità, potenza ed opere vere o credute, fosse stato trasformato o dovesse trasformarsi, non dirò nella natura divina, ma neanche nell'angelica.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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