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      E queste sollecitudini e questi dispiaceri così prodotti, non solo sono per noi di ugual momento che sarebbero i reali; ma si sentono, e travagliano molto più, per la mancanza di distrazioni e la monotonia della vita, di quel che fanno i grandissimi e sommi, nella vita agitata e attiva. Che è quanto dir che sono maggiori assai. E si sentono tutti, dove che nella vita attiva, moltissimi non si sentono, e però non sono nè pur dispiaceri.
      (Recanati 25. Marzo. Domenica. Festa dell'Annunziazione di Maria. 1827.)
     
      Quanto, in quanto, per poichè, perocchè ec. - ???'?(???, ovvero (??? ec. V. un [4261]esempio di (??? in questo senso, usato da Ateneo, ap. Casaubon. ad Athenae. l.15. c.2. verso il fine, e dallo scoliaste di Pindaro, ap. eumd. ib. c.19. fin.
     
      Dimonia. Demonia. Mulina. plurali.
     
      Tutti siamo naturalmente inclinati a stimar noi medesimi uguali a chi ci è superiore, superiori agli uguali, maggiori di ogni comparazione cogl'inferiori; in somma ad innalzare il merito proprio sopra quel degli altri fuor di modo e ragione. Questo è natura universale, e vien da una sorgente comune a tutti. Ma un'altra sorgente d'orgoglio e di disistima altrui, sconosciuta affatto a noi; divenuta, per l'assuefazione incominciata sin dall'infanzia, naturale e propria; è ai Francesi e agl'Inglesi la stima della propria nazione. Tant'è: il più umano e ben educato e spregiudicato francese o inglese, non può mai far che trovandosi con forestieri, non si creda cordialmente e sinceramente di trovarsi con un inferiore a se (qualunque si sieno le altre circostanze); che non disprezzi più o meno le altre nazioni prese in grosso; e che in qualche modo, più o meno, non dimostri esteriormente questa sua opinione di superiorità. Questa è una molla, una fonte ben distinta di orgoglio, e di stima di se, in pregiudizio o abbassamento d'altrui della quale niun altro fra i popoli civili, se non gli uomini delle dette nazioni, possono avere o formarsi una giusta idea.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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