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      Pio-Clem. t.3. p.97. ed. Mil., nelle note all'imagine di Sesto Cheronese filosofo del tempo degli Antonini, le fa pluribus seculis antiquiores (Orell.), di esso Sesto), possono ben servire a darci un'idea dell'antichissima prosa greca, a noi necessariamente sì poco nota; poichè quell'impostore, per mentir l'antichità, giudicò servirsi di un linguaggio di quella forma. Nei frammenti, sì morali e politici, e sì matematici e fisici, che portano il nome di Archita pitagorico (i quali io non so se sieno di Archita (Orell. pref. p. XI.), nè di quale Archita (ib. p.672.); ma in parecchi di loro credo veder caratteri e segni certi di molta antichità), l'arte dello esprimere i pensieri in prosa, si vede non più bambina; non però adulta; ma quasi ancora fanciulla: un aggirarsi, un confondersi spesso, uno stentare (un sudare in) a darsi ad intendere, a disporre e congiungere insieme gl'incisi e i periodi.
      (2. Aprile. 1829.)
     
      Stentato, stentatamente ec.
     
      Alla p.4438. E che altro che una diascheuasi era quella onde o libri interi, o passi e frammenti d'autori greci, dal dialetto in che erano scritti originalmente, venivano ridotti al parlar greco comune, e talora anche a qualche altro dialetto? (Orelli, ib. t.2. p.720. fin.) cosa frequentissima. Così il moderno editore del libro ???(??(????(?????(???(???? che porta il nome di Ocello lucano, Rudolph (Rudolphus), crede quel libro e dorica dialecto in communem conversum (Orell. ib. p.670. fin. p.671. lin.9.): e in fatti, che che sia dell'autenticità, certo assai sospetta, di quel libro (Orell. ib.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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