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      Ed anche quando non penso a questo bene, non però mi so risolvere di darmi allo studio, per questa ragione ch’io ho detto, che mi par poco degno di me e poco importante, e perché in somma ho in testa un oggetto che più mi preme, e o ci pensi o non ci pensi, sempre m’impedisce ogni seria applicazione di mente a cosa ch’esso non sia. E però non so vedere come ripiglierò l’antico amore allo studio, perché mi pare che anche passata questa infermità di mente, sempre mi dovrà restare il pensiero che c’è una cosa più dilettosa che lo studio non è, e che io n’ho fatto una volta lo sperimento.
      Il Venerdì 19 Decembre 1817
     
      Il tempo pigliò avanti ieri sera e tutto ieri gran vantaggio sulla mia passione, la quale va adesso veramente scadendo e mancando, né io ripugnava più tanto alla lettura, anzi tra la passione e l’amore dello studio, parea che quella a poco a poco scemando tuttavia di peso, questo cominciasse a dare il crollo alla bilancia; e ammansato l’animo mio e fatto men severo e nemico de’ piaceruzzi, e accostumatomi a que’ pensieri e però non mi facendo più quell’effetto, e potendogli assaporare senza inquietudine e con meno diletto e più tranquillo, e diradati e indeboliti gli accessi di malinconia; l’appetito già dalla sera del Mercordì cominciatosi a raggiustare, tornavami al suo sesto, ed io quasi ripigliava le costumanze di prima, se ben sempre mi pareva e mi pare che qualche cosa mi manchi, e ch’io potrei star meglio che non isto, e provare un certo diletto che non provo.
      Ieri mattina svegliatomi, e pensando al solito oggetto, in sul riaddormentarmi m’apparve la desiderata e cercata immagine più viva assai che il giorno prima, anzi così spirante ch’io subito la sentii parlare appuntino come quella persona suole, e come la memoria mia stanca e spremuta non mi sapea né mi sa ricordare: che passati quei pochi minuti ch’io vidi e contemplai e godetti palpitando quella sembianza, con ogni immaginabile studio riconducendola ne’ luoghi ne’ quali avea già veduto l’oggetto reale, e particolarmente nel giuoco; quel fantasma secondo l’usato sparì, né più mi s’è lasciato vedere se non dilavato e smortissimo.


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Storia di un'anima
Memorie
di Giacomo Leopardi
pagine 156

   





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