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      Invero, l'uomo disse senza accorgersene ciò che intende per amicizia, il giorno in cui proclamò il cane suo amico. Nei libri e nei giornali che si scrivono per formare la mente e il cuore dei giovinetti e delle giovinette, si loda il cane come amico dell'uomo e si cita il Buffon. Ora il Buffon dice che il cane «... sa giovare l'uomo nei suoi divisamenti, lo sa aiutare e difendere, lo sa lusingare; sa trarlo a sé con assidue carezze, cattivarselo, mutarlo di tiranno in protettore...», «... si compiace nello affezionarsi, desidera di piacere; viene, strisciando, a mettere ai piedi dell'uomo il suo coraggio, le sue forze, il suo ingegno...», «... ha la fedeltà, la costanza nelle sue affezioni, non ha ambizione, non è interessato, non ha desiderio di vendetta, non ha altra paura che quella di non piacere; è tutto zelo, tutto ardore, tutto obbedienza: sente assai più il ricordo dei benefizi che non quello degli oltraggi; non si perde d'animo pei cattivi trattamenti, li sopporta, li dimentica, o non se ne ricorda che per affezionarsi sempre maggiormente; lungi dallo sdegnarsi e dal fuggire, va spontaneamente incontro a novelle prove; bacia quella mano, strumento di dolore, che lo ha colpito...».
      Linneo dice che il cane è nemico degli accattoni, e Buffon dice che è furioso contro i ladri.
      L'uomo ha sempre apprezzato molto nel cane queste due qualità, e i poeti le hanno menzionate e se ne sono giovati per fare delle similitudini.
      Il re Lear domanda: «Hai tu veduto come il cane del podere abbaia al mendicante?


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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