Pagina (43/128)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Quei cani affamati divorano anche le cinghie di cuoio delle slitte.
      Qui, come sempre, la divisione del lavoro produce il suo buon effetto: quei cani dai quali non si richiede né il portar carichi sul dorso, né la caccia, né altro che non sia il tirare le slitte, riescono in quest'opera migliori fra tutti. Si fa ad essi uno speciale trattamento, come fra noi ai cavalli da corsa. Appena sono nati si mettono colla madre in una fossa e vi si lasciano con essa fino al termine dello allattamento. Terminato lo allattamento si toglie la madre, ma i figli vi rimangono ancora, e crescono senza vedere il mondo, né altri cani, né uomini, nulla. All'età di sei mesi si tiran fuori e subito si attaccano alla slitta con cani provetti. La grande novità li mette in una paura orrenda, per cui corrono disperatamente. Quel primo viaggio che si fa far loro è breve, e appena ritornati si rimettono nella fossa. Dopo poco tempo si fanno tirare ancora e per un viaggio meno breve, poi si fanno ritornare nello isolamento. Quando, alla perfine, hanno fatto un viaggio lungo, si considera la loro educazione come finita, e vengono messi cogli altri, e lasciati in libertà durante l'estate. Quei cani, appena attaccati alla slitta, levano il capo urlando tutti insieme lamentosamente, ma una volta in corsa tacciono. Allo arrivo cadono sfiatati.
      Le slitte al Kamtschatka sono costrutte con una così grande maestria che il meccanico più ingegnoso non potrebbe far meglio. I legni e le cinghie di cuoio si dispongono per modo che ogni parte possa cedere, e che se una parte si rompe non ne abbia nocumento il resto; nel massimo grado si trovano riunite in queste costruzioni la cedevolezza e la resistenza, per cui il veicolo sale fra i dirupi, scende pei burroni, passa framezzo ai tronchi delle grandi foreste.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





Kamtschatka