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      Ma non è così nel mese di maggio. La gente che rimane là in inverno, tutta del luogo, è pochissima, poca ancora in primavera, e nell'osteria c'è, come si dice in Piemonte, il gatto sul fuoco.
      Nella mia gioventù, prima della nascita del Club alpino, io ero, come il borghese gentiluomo di Molière, alpinista senza saperlo. Aspettava ansiosamente le vacanze di Pasqua per fare una prima gita in montagna. Quel risveglio della natura, le acque mormoranti al primo squagliarsi delle nevi, il grido del cuculo, la brezza vivificante, le nuvole pei vertici, l'acquazzone, il mite sole nell'azzurro limpidissimo del cielo, mi davano all'anima una così grande gioia, che anche oggi, dopo tanti anni, me ne è ancora benefica la rimembranza.
      Un mattino io arrivava ai Tornetti con ottimo appetito e mi avviava alla locanda. Il cane del locandiere mi corse incontro, prese a saltellarmi intorno scodinzolando, faceva una piccola corsa avanti, poi mi ritornava fra i piedi, dava tutti i segni della contentezza. Io non sapeva comprendere il buon accoglimento di quel cane, ma la serva della locanda me ne diede una spiegazione soddisfacente. Al vedere un forestiero il cane sa che si farà un po' di cucina, si metterà della carne al fuoco, si affetterà del salame, sa che un avventore gli promette un po' di pasto straordinario, se ne rallegra e dimostra la sua allegrezza a chi ne è la sorgente.
      In tutto il mondo incivilito è noto il fatto del cane della famosa grotta presso Napoli, che si mostra umiliato allo accostarsi dei forestieri, e se non fa più un tentativo di fuga, ciò segue perché una lunga esperienza gli ha dimostrato vani e dannosi cosiffatti tentativi.


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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