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      «Il nobile veltro caccia solo col padrone. Una tale affezione e la nettezza dell'animale valgono la pena che gli si mette d'intorno. Se dopo un'assenza di alcuni giorni il padrone ritorna, il veltro balza giubilante fuori della tenda, e d'un salto slanciasi sulla sella, per accarezzare il caro reduce, il quale gli dice: "Mio caro amico, scusami, era necessario che io ti lasciassi, ma d'ora innanzi vado con te, poiché ho bisogno di carne; sono ristucco dei datteri, e tu sarai gentile tanto da procacciarmi carne". Il cane riceve quelle tenerezze come se le apprezzasse parola per parola.
      «Quando un veltro muore, è un gran dolore per tutta la tenda. Le donne e i bambini piangono, come se avessero perduto un caro congiunto. E invero sovente hanno perduto molto, perché era il cane che manteneva tutta la famiglia. Uno slugui che caccia pel povero beduino non è mai venduto, e solo in caso di assoluta necessità si può rassegnare il padrone a regalarlo ad un parente od a qualche marabutto pel quale si ha un grande rispetto.
      «Il prezzo di uno slugui che acchiappa le gazzelle è eguale a quello di un cammello; per un veltro che prende le più grosse antilopi si paga di buon grado come per un bel cavallo.»
      Degno di esser riferito è pure ciò che dice il Brehm.
      «Nell'anno 1848 passai parecchie settimane nel villaggio di Melbess, nel Kordofan, e vi ebbi varie occasioni di osservare il veltro dell'Africa centrale. Sebbene coltivino cereali, gli abitanti fanno il principale loro nutrimento di bestiame e di selvaggina.


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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