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      Il buon bracco, col suo atteggiamento, lascia scorgere subito al cacciatore quando ha trovato la traccia della selvaggina; anche ciò esprime ottimamente l'Ariosto. I cavalieri che descrivono a Grifone l'Orco, il quale, sprovveduto della vista, si giova del finissimo odorato, dicono che esso
     
      Correndo viene, e 'l muso a guisa porta,
      Che il bracco suol, quando entra in su la traccia.
     
      I cattivi cani da caccia corrono dietro alle lucertole, ai topi, alle lodole, perfino alle rondini. Lo Steller dice che al Kamtschatka certi cani non sono mai adoperati pel tiro, ma sono ammaestrati in special modo per la caccia, e vengono nudriti colla carne delle cornacchie, che sono in quelle regioni straordinariamente numerose. Quei cani, prosegue il naturalista, che in estate devono tener dietro alle anatre, alle oche, ai cigni, inseguono pure le cornacchie con danno della caccia. Ma anche fra noi, dove non c'è la ragione menzionata dallo Steller, i cani inseguono le cornacchie, che sembrano burlarsene.
      Bradamante vorrebbe impadronirsi dell'ippogrifo:
     
      La donna va per prenderlo nel freno;
      E quel l'aspetta fin che se gli accosta;
      Poi spiega l'ale per l'aer sereno,
      E si ripon non lunge a mezza costa.
      Ella lo segue; e quel né più né menoSi leva in aria, e non troppo si scosta,
      Come fa la cornacchia in secca arenaChe dietro il cane or qua or là si mena.
     
      I cani abbaiano anche alle cornacchie, e Shakespeare nel «Molto rumore per nulla» mette in bocca a Beatrice queste energiche parole: «Preferisco sentire il mio cane abbaiare a un corvo, piuttostoché un uomo che mi giuri che mi adora».


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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