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      Il corvo gli va incontro e ad un tratto grida al cane: Furfante, furfante! — Il cane spaventato si ritrae, la sua intelligenza taceva: un animale, un uccello — ed una voce umana!
      «La solitudine dispiace al barbone; cerca sempre l'uomo, questo o quello. Non si abbandona volentieri con cani d'altra specie. Se si balocca, è sempre con barboni, almeno a preferenza; con questi ci si mette davvero: cogli altri cani non v'ha intimità, probabilmente perché lo considerano come uno speciale amico e prediletto dell'uomo, oppure come il meglio dotato di tutti i cani, e perciò non lo possono soffrire.
      «Il barbone è appassionato di libertà. Viene e va. Nessun cane ama la catena, meno poi di tutti il barbone; sa ad ogni modo liberarsi e prova così la sua destrezza a strappare e rosicare i legami. Dal nodo trae fuori il capo; dà in trasporti di allegrezza, come un uomo, quando viene sciolto, e sembra andar pazzo dalla gioia.»
      Qui finisce lo Scheitlin. Il Brehm prosegue un tratto, poi si ferma alla sua volta, ma dice di far ciò a malincuore, soggiungendo che sul barbone si potrebbe fare un libro.
      Io non nego ciò, tutt'altro, ma domando se ci sia qualche cosa al mondo su cui non si possa fare un libro.
      Sul barbone aggiungerò due considerazioni.
      La prima è che il barbone, il più intelligente di tutti i cani, è anche quello che ha in minor grado le qualità distintive della sua specie, l'affetto al padrone, il coraggio, il sacrifizio. Molto facilmente questo intelligentissimo animale si adatta a un padrone nuovo, e fa per lui quei giuochi, quei salti, quelle gherminelle, quelle prove di destrezza e di ingegno che faceva col suo predecessore.


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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