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      Mentre la casta donna indugiava a prendere una deliberazione, quei signori proci mangiavano, bevevano, giocavano, cantavano, facevano baldoria giorno e notte nella casa di Ulisse:
     
      Pingui capre scannavansi e i più grandiMontoni, e grossi porci, e una buessa
      Di branco, e il prandio si apprestava...
     
      Per mettersi frattanto in appetito
     
      Gli alteri Proci alla magion davanteDischi lanciavan per diletto, e dardi
      Sul pavimento lavorato e terso,
      Della baldanza loro solito arringo.
     
      Un araldo, per nome Medonte, piaceva a quei signori proci più degli altri, ed era quello che veniva ad annunziare che il pranzo era imbandito. Allora
     
      Nel regale atrio e sulle fresche pelliDegli uccisi da lor pingui giovenchi,
      Sedeano, e trastullavansi fra loroCogli schierati combattenti bossi
      De la Regina i mal vissuti drudi.
      Trascorrean qua e là serventi e araldi,
      Frattanto altri mescean nelle capaciUrne l'umor dell'uva e il fresco fonte;
      Altri le mense con forata e ingordaSpugna tergeano, e le metteano innanzi
      E le molte partian fumanti carni.
     
      Quando avevano mangiato e bevuto il mangiabile e il bevibile
     
      Volgeano ad altro il core: al canto e al balloChe gli ornamenti son d'ogni convito.
     
      Penelope aveva fatto il patto della famosa tela, e la storia durò quattro anni. Antinoo, uno di quei signori pretendenti, ne parla così:
     
      Con simil fola leggermente vinseGli animi nostri generosi. Intanto,
      Finché il giorno splendea tessea la telaSuperba, e poi la distessea la notte
      Al complice chiaror di mute faci.
     
      Antinoo dice che egli e i suoi compagni furono indignati di quell'inganno.


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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