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      Il bambino poppò, e si fu col latte di questa e d'altre cagne che il piccolo Esculapio poté arrivare a mettere i denti. Cresciuto, egli imparò la medicina dal centauro Chirone, e ci riuscì per modo che anche oggi i medici, quando si vuol parlare poeticamente, si chiamano i figli di Esculapio.
      Questo fatto nell'antichità è stato messo in rapporto colle virtù medicinali del cane, alle quali si credette molto, come si crede anche oggi. In «Venere e Adone» di Shakespeare, è menzionata la potenza medicatrice della lingua del cane, atta a guarire, leccando, ogni sorta di piaghe.
      Ulisse Aldovrandi fa una enumerazione delle virtù medicinali di tutte le parti del corpo del cane, incominciando dal capo, tenendo conto delle ossa polverizzate del cranio, poi della polpa del cervello, poi avanti, a poco a poco, fino alla coda. Secondo il suo solito, con mirabile brevità il Brehm ha riassunto in poche parole ciò che si trova in proposito sparso per molti volumi; e io riferisco qui testualmente le parole di questo autore.
      «Viene veramente da ridere leggendo le ricette medicinali che gli antichi scrittori spacciavano di rimedi ricavati dal cane. A dir vero, il cane era tutto una farmacia. Plinio principalmente è instancabile nella enumerazione delle sue virtù sanatorie. Oltre lui, Sesto, Ippocrate, Galeno, Favenzio, Marello, Bonzio, Esculapio ed Amato non rifiniscono di vantare le sue virtù. Un cane vivo, applicato in caso di dolori di petto, fa meraviglia; se è sminuzzato ed applicato sul capo d'una donna ipocondriaca, giova di certo contro la ipocondria.


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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