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      Tale animosità doveva essere la salvezza del bassotto ammalato. Da alcuni giorni stava male, rifiutava ogni cibo, e i mezzi adoperati non lo risanavano. Si vedeva approssimarsi il suo fine. Malgrado il ricordo di tutte le sue cattive qualità, una certa mestizia regnava nella casa, e mia madre in ispecie vedeva con rincrescimento venire la sua morte. Alfine le venne in pensiero di fare ancora un tentativo. Portò un piatto pieno delle più ghiotte cose davanti al giaciglio dell'infermo; esso si sollevò, guardò con mestizia le ossa tenerelle di pollo, i saporiti pezzetti di carne, ma era troppo debole, troppo ammalato per poter mangiare. Allora mia madre portò l'altro cane per spazzare il piatto. L'ammalato si drizzò, tentennò sulle gambe, si rafforzò, riprese un po' di vita; e si precipitò forsennato sul grifone, brontolando, abbaiando, schiumando di furore; lo morse rabbiosamente, ne fu respinto, morsicato fino al sangue, e perciò così commosso, scosso, eccitato, cadde sulle prime sfinito, poi da quel momento migliorò, e fu dopo poco tempo risanato dalla sua febbre».
      Fra noi sovente i cani hanno il moccio, hanno la tenia, hanno la rogna, hanno delle mignatte attaccate alle fauci, hanno le zecche, le pulci, e la molestia dei mosconi. Il Wrangel dice che in Siberia questi animali per schermirsi dai mosconi stanno quasi sempre nell'acqua.
      Dante trova nell'Inferno gli usurai seduti sotto a una pioggia di fuoco.
     
      Per gli occhi fuori scoppiava lor duolo:
      Di qua, di là soccorrean con le mani,


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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