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      Cane da caccia[vedi figura]
      Qui, come sempre, Goethe non parla a caso. I vecchi maestri, sconfortati dopo lunghi anni di scuola fatta agli esseri della loro specie, presa la giubilazione, si danno ad ammaestrare un cane a far le viste di sfogliare un libro, o un canarino a cantare un'aria di organetto.
      Rientrato nel suo studio, Fausto si acqueta un poco, ma il cane incomincia a moversi, ad annusare intorno poi a latrare disturbando il maestro nelle sue meditazioni; poi s'ingrossa, diventa un ippopotamo, un elefante, e finisce per risolversi in mezzo alla nebbia in uno scolaro che viaggia. Ma veramente era Mefistofele.
      Il diavolo, quando piglia la forma di un cane, veste sempre il pelo nero. Un tesoro che sia stato sotterrato da oltre un anno diventa proprietà del diavolo, e allora è custodito da un cane nero. In Baviera chiamano appunto per ciò «Hund» un tesoro nascosto. Qualche volta, venuta la sera, il cane nero guardiano del tesoro va in questo o quel podere, o in questa o quella casa del villaggio: se il padrone della casa non lo maltratta, se gli dà da mangiare e lo lascia andare a sua posta, quel cane si commove, e finisce per parlare e dire all'uomo di seguirlo, lo mena dove è il tesoro, e glielo lascia prendere senza nemmeno domandargli l'anima in compenso.
      Io consiglio il mio lettore a leggere la «Faune populaire de la France» del signor Eugenio Rolland, dalla quale ricavo ciò e altro assai. Non ho bisogno di consigliare la lettura della «Mitologia zoologica» del professor Angelo De Gubernatis, scritta in inglese e in francese, ma non ancora in italiano.


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I cani
di Michele Lessona
pagine 128

   





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