Pagina (98/482)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Venite intanto questa sera a casa mia, e comincerò a farvi un po' di lezione.
      La stessa sera il Galante era a casa del commesso, da cui in pochi giorni apprese tutto quel che sapeva l'altro, sicchè la seconda volta che tornò dal negoziante spagnuolo, il giorno della partenza del commesso, non ebbe nessun ritegno nel porsi al banco lui, ed a contentare pienamente il negoziante. E così Enrico abbandonò la sua granata, i suoi tre soldi per dì, e l'alloggio poco soffice sugli scalini del suo amico.
      Ma era scritto che il Galante non dovesse ascrivere nessun bene al caso, ma soltanto alla sua svegliatezza ed all'amore e alla costanza nel lavorare. Dopo tre mesi che egli s'era allogato col mercante spagnuolo, questi fallì, e lasciò il Galante senza occupazione, e senza altra ricchezza che un po' di buona pratica nei conteggi. Non si smarrì d'animo il giovane neppure questa volta, e pensò che, se aveva già salito uno scalino dall'estrema miseria, gli correva il debito verso sè stesso di tentare ogni via per non ricadervi, e per pagare almeno il fitto della cameretta ch'avea presa in quel frattempo. Si rivolse a qualche conoscente che s'era procacciato, e s'offerse come ragioniere in que' piccoli negozi, che non potendo far tutta la spesa d'un impiegato proprio, si contentavano d'uno che v'andasse a lavorare qualche ora al giorno. Con quel po' di buona reputazione che s'era fatta, gli riuscì ad accomodarsi in questo modo con quattro o cinque negozi, e raggranellare da diverse parti un cento o cento venti franchi al mese, correndo di bottega in bottega e lavorando per tutta la giornata, assiduo, alacre, ostinato, in quella età così soggetta a tentazioni, in quella città così piena di svaghi.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





Galante Enrico Galante Galante