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      Dei tanti Italiani che nei rivolgimenti degli anni passati son andati a cercare a Parigi fortuna più benigna di quella che era loro rimasta nella patria serva, tutti quelli che si son rivolti a lui non ne sono partiti senza un soccorso, secondo il caso, di consiglio o di moneta, merito debitamente riconosciuto in questi ultimi tempi dal governo italiano. Accennerò qui solo il caso del dottore in legge Antonio Pivetta, carcerato e bandito da Venezia sotto il governo austriaco, che in un villaggio di Toscana s'era dovuto adattare al mestiere di garzone in un caffè, il quale giunto raccomandato al Galante in Parigi, appena gli diede prova delle sue cognizioni di chimica e di meccanica, divenne prima aiuto, poi viaggiatore e rappresentante in tutta Europa delle fabbriche del Galante, e in Napoli fondò un'officina associata a quella di Parigi, riuscendo così a rinnovare nella prima di queste città l'industria degli strumenti chirurgici.
      E così chi potè essere colto dalla sventura continuando ad essere onesto ed operoso, tende naturalmente le braccia a chi scorga nelle angustie da cui egli è già potuto uscire mediante la costanza e la ferma volontà di combattere l'avversa fortuna con animo forte e vincere.
      Udite ora la vita di un povero operaio napoletano che per far fortuna non ha dovuto uscire dalla sua città.
      Gaspare Ragozzino
      Il commendatore Gaspare Ragozzino, che nel 1864, in occasione di una festa da lui data, ospitò in sua casa il Principe Umberto, fu figliuolo di Marcantonio, che faceva il mestiere di scortichino, e che vi ammaestrò il figliuolo nato in Napoli nel 1798. Il povero Gaspare rimase nella prima adolescenza orfano, e senza altro capitale che un po' di buona volontà, tra i monelli del quartiere Mercato, dovendo per giunta mantenere col lavoro delle sue mani due sorelle e tre fratelli minori di lui.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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