Pagina (134/482)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      E quando aveva fatto un po' di denaro per vivere, cessava dal lavoro: frequentava l'accademia, l'università e la pubblica biblioteca. Poi, accorgendosi di progredire sempre più negli studi dell'architettura, gli prese tanto ardire che decise di voler tentare il gran concorso di Roma: il quale durava ben undici giorni; stando i concorrenti chiusi tutto quel tempo in separate cellette. E vi si apparecchiò con grande studio ed esercizio, recandosi a memoria tutte le teorie di Vitruvio, dell'Alberti, del Palladio e del Milizia, e quanto aveva appreso di geometria e di algebra alle scuole dell'università.
      Egli dunque veniva con grande animo e fiducia di sè a questo concorso; nè gli mettevano alcun timore i competitori suoi, ch'avevano studiato con lui all'accademia: ma saputo ch'era giunto improvvisamente da Milano un tale, con molte lettere commendatizie, fortemente si turbò, e gli venne il dubbio che gli fosse tolto ingiustamente il premio che si prometteva certissimo. Riscaldatosi in questo pensiero, senza punto indugiare, andò dal segretario dell'accademia, ch'era Pietro Giordani, e col volto acceso e parola franca: - Dite ai professori che badino bene a fare le cose giuste; altrimenti io, benchè povera persona sia, me ne andrò a piedi a dolermi alle autorità di Milano. - Il Giordani guardandolo in viso, e preso un contegno grave: - Temerario (disse) ond'è venuta in te tanta audacia, e che sospetto è questo tuo? E chi se' tu? Credi forse d'essere il figliuolo di re Pipino? Io non ti farò del male, ma non isperare neanche ch'io ti faccia del bene.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





Roma Vitruvio Alberti Palladio Milizia Milano Pietro Giordani Milano Giordani Pipino