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      Il suo orecchio e il suo istinto musicale si svilupparono e si perfezionarono così in modo meraviglioso. A 10 anni aveva imparato dal padre a suonare il corno; ma, come pretendono alcuni, non è vero ch'egli prendesse posto nelle orchestre.
      L'idea però di cavar profitto dalla bella voce di soprano che aveva allora il fanciullo Gioacchino, e di farne un cantante, determinò suo padre a lasciarlo stabilmente in Bologna, e a provvedere alla sua educazione. Messo a dozzina da un salumaio, amico della famiglia, ebbe a maestri, per ciò che spetta al leggere, allo scrivere e al far di conto, prima un Don Agostino Monti, poi un Don Innocenzo e un Don Fini; e per ciò che spetta alla musica e alla spinetta, un Prinetti da Novara. E col Prinetti, così povero suonatore da insegnargli a far la scala con solo due dita, e così poco premuroso da addormentarsi immancabilmente appena cominciate le lezioni, erano dispetti, disobbedienze e ribellioni continue, per modo che il padre fu costretto a castigarlo solennemente. Il piccolo Gioacchino venne collocato fattorino da un fabbro ferraio. Ma a rimuoverlo dal proposito di non voler saperne nè di musica, nè di spinetta, non valse la fatica, che sentiva bassa e ignobile, di tirare il mantice, nè valse la vergogna di servir di spettacolo a' suoi compagni e agli amici di casa e ai suonatori d'orchestra che il padre gli conduceva più volte al giorno nell'officina. Valsero bensì le preghiere e le lacrime della madre. Gioacchino le promise di essere obbidiente, di studiare, di cambiar vita, insomma, e tenne la parola.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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