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      Un tal fatto riusciva di molta meraviglia anche ai Botanici espertissimi che ammiravano come alla potenza visiva avesse saputo sostituire altro senso, ponendolo in stretto e nuovo rapporto colla facoltà della memoria.
      Un giorno un illustre botanico italiano si recò a visitare il Bruschi, recando seco una pianta che non era riuscito a classificare non ostante l'occupatissimo studio che su d'essa egli aveva praticato: fu sufficiente al cieco scienziato una minuta esplorazione con le dita, per giudicarne sicuramente la specie a cui essa apparteneva. La mente vigorosa del Bruschi, esclusa irrevocabilmente dalla lieta contemplazione delle forme e dei colori, raccogliendosi più intenta in sè medesima, svolse appunto nel tempo della cecità tutta la pienezza delle proprie forze. I lunghi anni di vita che rimasero al Bruschi dopochè perdette il senso della vista, furono per esso un'assidua e come una sola e non interrotta meditazione; onde quella perenne notte non trapassò per esso deserta e sconsolata, ma andò invece a popolarsi ed animarsi di scientifici pensieri, che composero poi quelle pubblicazioni, che elevarono a fama imperitura il suo nome: (Istituzioni di materia medica - Fondamenti di terapeutica e di farmacologia generale).
      Contemporaneamente allo insegnamento che tenne per quarantacinque anni, egli riprese ad esercitare la medicina, dopochè ebbe perduta la vista, quasi non bastassero le altre occupazioni a cui con la più grande perseveranza attendeva. Ei riuscì peritissimo anche nella cura delle malattie, sopperendo al difetto della vista con la riflessione dei sintomi i più lievi, e ricercandone poi con profondo raziocinio la recondita causa.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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