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      Rovesciato al suolo dalla clava fratricida (e dal soffitto troppo basso), giaceva Abele disteso e già fatto cadavere. Tutta la bella persona era non già vinta e abbattuta dalle prepotenti forze della morte, ma della morte vincitrice, acconciata con molle abbandono al sacrifizio di una inutile vita. Il primo delitto era tanto più spaventoso e crudele quanto più rassegnata era la vittima prima. Mentre il braccio sinistro dolcemente, si stendeva sull'insanguinato terreno e la mano aperta, volta con la palma al cielo, parea offrire al Signore il più puro dei sacrifizi, il braccio destro si agitava ancora nell'ultima convulsione, e stringeva colla mano chiusa il lembo estremo della pelle dell'irco.
      Parve al Bartolini che cotesta azione un po' violenta e rabbiosa, disdicesse alla divin calma di quel morente, e consigliò che anche quel braccio e quella mano, il primo dolcemente spossato e aperta la seconda, togliessero fin l'ombra del dolore e dell'ira a quella placida morte. E' fu consiglio degno di chi lo dava e di chi lo accoglieva.
      I piedi poggiati uno sull'altro erano cosa sì vera che forse parve troppo vera all'occhio artistico del principe degli scultori, e colla destra chiusa e col pollice alzato e mosso all'atto del modellare, accarezzava senza toccarli i contorni di quei piedi bellissimi. L'occhio del Bartolini fissava intanto il Duprè, ma la lingua era muta. Se non che al Duprè si era rivelato in quel gesto tutto il pensiero del venerato maestro, quegli pronto a concepire, questi ad afferrare il concetto prontissimo, e sussurrò sorridendo: Ho capito.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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