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      Un amico, un mecenate, il conte Ferdinando Del Benino si provò pel primo a rialzare quello spirito abbattuto e trovò modo di placare nel travaglio dell'arte il dolore inconsolabile dell'uomo.
      Giovanni doveva a sè stesso e alla sua fama un'ultima vittoria su' suoi nemici. Bisognava modellare una nuova statua che si tenesse in piedi, e di cui non potessero ripetersi le stolte accuse lanciate contro l'Abele.
      Mutasse studio il Duprè, si fornisse di tutti gli arnesi necessari all'arte sua, chiamasse a lunghe sedute i modelli, e facesse cosa degna di sè. Se le magre risorse dell'artista non bastavano al bisogno, lo scrigno del patrizio avrebbe volentieri imprestato le somme occorrenti. Che il Duprè facesse pur capo a lui... avrebbe a suo tempo restituito il danaro.
      La generosa offerta fu accettata e doveva esserlo; e sorse in mente al Duprè l'idea del Caino e coll'aiuto del conte che imprestò allo scultore fino a cento scudi toscani. la nuova statua fu cominciata e molto condotta innanzi.
      Intanto un tal Mariotti, che faceva il corriere e bazzicava molti signori Russi, dopo aver fatto dimora nel loro paese, trovò modo di fare avere al Duprè la commissione di una copia in marmo dell'Abele, e anticipò mille scudi per l'acquisto del blocco a Carrara.
      Toccati appena i primi soldi, corse diviato il Duprè a casa Del Benino, co' cento scudi di cui era rimasto debitore al conte, e tutto giulivo in volto, offrì di saldare il suo debito.
      Il generoso patrizio guardò lungamente e l'artista e i denari, e accolse il primo con affetto tutto paterno ma si ostinò a rifiutare i secondi, e con sì dolci modi, e così soavi parole, e tante amorose preghiere accompagnò il rifiuto, che il Duprè non potè onestamente respingere il dono e contristare il donatore, cui poco dopo, non a compenso della somma donata ma a memoria dell'atto generoso, fece omaggio d'un piccolo busto di marmo, già modellato in creta da lui sulla scorta d'un vecchio dipinto, innanzi al qual modello più volte s'era fermato con compiacenza il cortese mecenate.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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