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      Tuttavia non mancò di mandarmi fino dalla prima fanciullezza a farmi istruire nel leggere, nello scrivere, e nei primi elementi di aritmetica; sola istruzione (e non aveva torto) che egli reputasse necessaria per un artigiano. Correva in tal guisa la mia età puerile, quando mi si fece passare in una scuola pubblica guidata da un ottimo religioso, il quale, vedendomi di buon occhio, mi esibì d'insegnarmi la lingua latina; alla quale proposta risposi che avrei sentito il babbo, come diffatto feci. Ma egli mi rispose in tono austero: che in casa sua non vi erano mai stati asini latini, nè egli voleva essere il primo ad introdurveli. Riportata da me questa risposta, che non ammetteva replica, al signor maestro, non si parlò più di lingua latina, ed io fino da quel giorno fui destinato a far parte di quella classe a cui avevano appartenuto i miei antenati. È per altro vero che il mio povero padre, costante nel suo progetto di cavare di me un buon falegname, mi trovò un abile maestro che mi istruisse negli elementi del disegno e dell'architettura. Vedete che mio padre non era tanto nemico dell'istruzione, e che pensava più a quella necessaria all'artista, e forse troppo dimenticata in tempi posteriori. Il mio maestro mi si mostrò soddisfattissimo, principalmente per la mia memoria piuttosto felice, la quale mi metteva in grado di rispondere con facilità e a proposito alle interrogazioni che mi dirigeva, su quelle lezioni elementari di geometria, necessarie a premettersi allo studio dell'architettura, e che egli mi aveva date.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482