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      Quell'incanto ch'è di fuori il palazzo ducale di Venezia, quella meraviglia ch'è dentro, son tali cose che superano ogni immaginazione. E ciò era opera di quei mercanti così austeri, così economici, così laboriosi: ciò in un tempo in cui il resto del mondo era in barbarie, ora vile, or feroce, ora festosa, ma sempre barbarie.
      In quel tempo in cui dava così assidua opera al traffico, Venezia ha prodotto quei monumenti inarrivabili di architettura e di pittura. In quel tempo le sue industrie fiorivano, e i prodotti si spargevano per tutto il mondo, mentre i suoi ambasciatori avevano influenza sull'andamento delle cose più importanti in ogni parte, e facevan tremare le nazioni contro cui ponevano in bilancia il peso della loro potenza. Ed allora pure viaggiatori veneziani visitavano e descrivevano certe remote contrade dove da quel tempo in poi nessun uomo d'Europa ha più mai posto piede.
      Grave argomento alla meditazione del filosofo è la storia della grandezza e della caduta di Venezia.
      Un Veneziano maldicente (se ne dà qualche caso) faceva visitare testè ad un amico piemontese il palazzo ducale. Giunto nella sala del Consiglio dei Dieci, egli allungò il braccio, ed esclamò con piglio solenne:
      - Qui fu condannato il Conte di Carmagnola! Ma la maledizione del Cielo è caduta su questa sala! Oh, la giustizia di Dio è terribile!
      L'amico non comprendeva quale speciale punizione fosse caduta appunto su quella sala, ed aspettato un poco e veduto che il suo interlocutore non soggiungeva altro, finì per interrogarlo.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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