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      «Ma combattevano forse un migliaio d'uomini male armati e peggio ammaestrati, ed era troppo disuguale la lotta: quei valorosi non poterono fare altro che vendere cara la loro vita.
      «Sulle salme dei morti guerrieri i soldati egiziani entrarono nel villaggio, e fu una vera carneficina: uccisero i vecchi, e non lasciarono che un mucchio di rovine.
      «I superstiti, donne e fanciulli la più gran parte, furono legati e tenuti sotto custodia fino al giorno seguente.
      «Mio padre, capo della tribù, perduta ogni speranza di vivere e di salvare la sua famiglia, piuttostochè cader schiavo di quella gente avida di sangue e di saccheggio, preferì gittarsi disperatamente nella mischia, e valorosamente morì trafitto dalle palle del cruento nemico.
      «Però prima di morire raccomandò ad un nero, che adempì all'incarico, di dirmi di tenere a mente (e non si cancellerà in me la sua parola se non che coll'estinguersi della mia vita) che io era il suo primogenito, e che m'incombeva l'obbligo di ricordarmi della gente cui io apparteneva, e che un giorno liberato dalla schiavitù non dimenticassi di ritornare nei nostri possedimenti, e dare nuova vita al nome della perduta famiglia.
      «La tribù portava il nome del paese in cui risiedeva il capo, e quel paese si chiamava Commi, come ho detto sopra.
      «Mio padre si chiamava Bolingia, mia madre Siliando, il mio nome era Quetto, un mio fratello minore si chiamava Sarin: di due più piccole sorelline non ricordo i nomi.
      «Calcolando dal tempo che abbiamo impiegato a percorrere la strada dal mio perduto villaggio a Kartum, penso che la distanza sia di novanta o cento miglia.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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