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      Concepì dunque il disegno di fare una satira, incoraggiato dal Ministro Firmian, il quale a colui che gli manifestò l'intenzione del nostro Poeta di mordere l'ozio d'alcuni Grandi: ottimamente, rispose, ve n'ha un bisogno estremo. Ma come mai poteva Parini aprirsi una nuova sconosciuta via ed essere singolare nella Satira, se di già tanti sublimi ingegni si erano in essa distinti? Due sentieri avean battuto sin allora i satirici poeti; altri conversarono famigliarmente col vizio, lo motteggiarono tranquilli e ridenti, lo considerarono come un errore, una follia da castigarsi col ridicolo; e tale fra gli antichi è Orazio, che al dir di Algarotti, è un amabile filosofo, un Socrate elegante che dà una qualche sferzata quasi non volendo, e coi più dolci rimedj riduce altri a sanità; e tra i moderni tali sono Ariosto nelle sue Satire, Pope nel suo Riccio rapito, nel suo Leggio Boileau. Altri disdegnando di trattenersi co' vizj e stimandoli piaghe che non con blandi farmaci, ma col ferro e col fuoco sanare si debbono, si scagliarono contro di essi declamando, e scrissero con una penna tinta nella più feroce bile; e tali sono fra gli antichi Giovenale, che dotato di una sensibilità profonda, di un'anima ardente ha dipinto il vizio con isdegno, con fuoco, con energia (10), e l'oscuro, l'enigmatico Persio che sempre con viso arcigno predica la virtù; tali fra i moderni furono il Menzini ed il Salvator Rosa. Sembrava che anche Parini dovesse insistere sulle orme di alcuno dei due grandi Satirici Latini, ed o scherzare con Oraziana venustà coi vizj che allora dominavano, od investirli colla sferza di Giovenale e ardentemente incalzarli.


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Elogio di Giuseppe Parini recitato nel giorno 16 novembre 1813 in occasione dell'aprimento delle scuole del Liceo di Milano in Porta Nuova
di Ambrogio Levati
1813 pagine 38

   





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