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      Ma non era già Egli di que' servili imitatori che ognora ritraggono una sola bellezza, perchè sono incapaci di produrne di nuove. Le vestigia nulla curando già impresse e dal Venosino e dall'Aquinate satirico, finge di voler istruire un giovine signore e di volergli insegnare come ingannar questi nojosi e lenti giorni di vita, e quali esser debbano le sue cure al mattino, dopo il mezzodì e la sera, e così si fa strada a descrivere le oziose occupazioni, gli studj frivoli, le vane cure de' Nobili della sua età, e con un sarcasmo perpetuo, e con una ironia felicemente dal principio sino alla fine sostenuta, satireggia e morde in un modo suo proprio que' costumi, de' quali volea l'emendazione.
      E qui è pur d'uopo che ci arrestiamo per alcuni istanti ad indagare la natura, l'essenza della nuova e singolare poesia Pariniana. Questo Poeta concepisce un pensiero, lo afferra, lo incalza, lo decompone, e fa di lui quel che Omero suol fare della passione; gli comunica quell'anima e quel movimento che agita e seco trasporta senza riposo gli spiriti; tutto a lui subordina, lo segue nella sua fuga ne' suoi slanci, ne' suoi trasporti, ed anche restìo lo sottomette alla più retta e severa ragione. Allora dalle segrete sedi di questo pensiero ben bene osservato escono i versi atti a volare del tempo oltre le mete, e tutto allora Parini al pari di Omero trasforma in oro ciò che tocca, e tutto nelle sue mani acquista una grazia novella e sempre piace ed interessa, mai non istanca od annoja. Le descrizioni che Egli fa de' costumi del suo Giovin Signor e di qualunque altro oggetto, sono quadri vivissimi, ove il disegno è esatto, bene osservate le proporzioni, avvenenti le forme, espressive le azioni, maestosi i panneggiamenti, ben distribuita la luce e le ombre.


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Elogio di Giuseppe Parini recitato nel giorno 16 novembre 1813 in occasione dell'aprimento delle scuole del Liceo di Milano in Porta Nuova
di Ambrogio Levati
1813 pagine 38

   





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