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      Ma questo non fu; a meno di volergli riconoscere uno spirito fatidico: in realtà egli si lasciava anche allora guidare dai dati falsi o incerti, che lo avevano condotto alla scoperta dell'America; ché, se veramente egli cercava uno stretto là dove ai nostri giorni si tentò di scavare un canale, egli aveva probabilmente in mira quello stretto del Catai, di cui fa menzione Marco Polo! (Cfr. De Lollis nella Revue des Revues, 15 gennaio 1898).
      Del resto egli trovò sempre modo di persuadere a sè stesso di non avere scoperto un nuovo grande Continente. Le grandi masse d'acqua dolce che trovava, egli se le spiegò col passo del libro (che è apocrifo) d'Esdra, dove si legge che "sei parti del mondo sono asciutte e la settima è d'acqua". E non basta: ma vi aggiunge poi del suo una altra ipotesi spropositata; per spiegare cioè la gran massa d'acqua dolce che si trovava colà, pretende che essa procedesse dal Paradiso terrestre, donde, secondo la Bibbia, derivano il Tigri, il Nilo, ecc.; e che il mondo, invece di essere sferico fosse conico, col Paradiso in cima al cono: e che la conicità cominciasse colà... dove egli era.
      E propriamente nella relazione ai Re del suo terzo viaggio, egli afferma che il mondo non era rotondo, ma della forma di una pera, che si prolungava molto là dove si trova il picciuolo; o di una palla a cui si sia sovrapposta una mammella "intendendosi (son sue parole) che la parte del mondo corrispondente alla parte della pera verso il picciuolo sia la più alta e la più vicina al cielo e si trovi al disotto della linea equinoziale e in questo mare l'Oceano, in fine dell'Oriente".


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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