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      - D'altra parte quando l'interesse o la vanità, base del delirio, erano in causa, Colombo passava sopra alle più precise norme della religione, a quelle cui nessun uomo di media devozione anche allor avrebbe trasandato; come quando mentiva, anzi spergiurava, sulla ricchezza in oro dei nuovi paesi; e peggio quando impediva il battesimo degli Indi. Era una religione dunque morbosa, la sua, quella da cui fu invaso, almeno, negli ultimi tempi.
      L'ambiente influiva sulla impalcatura delle sue fantasticherie paranoiche anche per quell'altro lato che più qui importa: la scoperta di nuove terre; in quell'epoca, infatti, se era viva la devozione per Gerusalemme, l'era ancor più la passione per le scoperte geografiche, le quali da ogni parte pullulavano. Anzi le stesse ipotesi di Toscanelli, che ispirarono Colombo, erano state formulate dal Munzer, che presentava a questo scopo Martin Behaim a Juan II di Portogallo, proponendogli, con lettera, notisi, quasi contemporanea all'impresa colombiana, del 15 luglio 1493, d'equipaggiar navi per andare al paese delle sete e delle spezie, cogli stessi argomenti di Colombo, o meglio del suo copiato Toscanelli: fondandosi cioè:
      I. Sul detto di Aristotele, che l'estremo Oriente è più vicino all'Ovest;
      II. Sul non essere vero che il mare sia più esteso che la terra;
      III. Sull'esservi molte prove che in pochi giorni di navigazione si può andare al Katai;
      IV. Sull'essere la Terra rotonda;
      V. Sull'essersi trovati piedi di bambou alle Azzorre, cacciativi dalle tempeste (Harrisse, op. cit.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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